CINEMA A BOMBA!

domenica 26 luglio 2015

I CLASSICI: ROBOCOP (1987), LA VENDETTA DEL CYBERSBIRRO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1987
101'
Regia: Paul Verhoeven
Interpreti: Peter Weller, Nancy Allen, Kurtwood Smith, Ronny Cox, Miguel Ferrer, Paul McCrane, Ray Wise.


In una metropoli distopica in cui le multinazionali hanno sostituito l'amministrazione pubblica e il commento dei telegiornali è ossessivo, un poliziotto onesto viene massacrato di spari da una pericolosissima banda criminale.

Eppure riesce a sopravvivere, prestandosi a fare da cavia per una società che costruisce robot per la sicurezza.
Diventerà un cyborg implacabile e avrà la possibilità di rifarsi una vita, di fare giustizia in città e di vendicarsi dei suoi assalitori.

Pochi altri film hanno definito l'immaginario cyberpunk degli anni 80 come questo poliziesco fanta-orrorifico, firmato da un visionario regista olandese in trasferta transoceanica che successivamente continuerà a mietere successi con pellicole quali Atto di Forza (1990), Basic Instinct (1992) e Starship Troopers-Fanteria dello Spazio (1997).

Vuoi per gli effetti speciali all'avanguardia di Phil Tippett (generati con un computer Commodore Amiga!), vuoi per i trucchi e il make-up del geniale Rob Bottin (sua l'iconica tuta robotica del protagonista), vuoi ancora per l'ironia sotterranea che lo permea, Robocop riesce a travalicare la trucida materia narrativa per diventare un classico: un apologo pessimista, ma non sconsolato, sul futuro dell'umanità.

Rispetto al rifacimento firmato dal brasiliano José Padilha (regista di culto per Tropa de Elite e Tropa de Elite 2), l'originale bada meno alla psicologia dei personaggi e punta molto più sullo spettacolo, con sparatorie, esplosioni e più di una concessione allo splatter più trucido.

Verhoeven vi inserisce inoltre un'interessante (ma discutibile) dimensione religiosa: RoboCop come figura cristologica postmoderna?
Nelle intenzioni del regista, le ferite alle mani del protagonista dovrebbero richiamare quelle di Gesù sulla croce e quelle alla testa sarebbero un parallelo con la corona di spine.
In una delle sequenze finali sembra persino che l'eroe cammini sulle acque, che poco più tardi diventeranno rosse (di sangue, però, non di vino).

Delirio mistico a parte, che cosa davvero si potrebbe rimproverare a questo film è l'assenza di Michael Keaton, che invece è il vero fiore all'occhiello del recente remake.
Al contrario, qui è più felice la scelta del "buono" (il rigido ma espressivo Weller) che quella del principale "cattivo" (Cox, un po' inamidato).

Tra le figure di contorno, notare i molti volti noti di cinema e TV: Kurtwood Smith con inquietanti occhialini alla Heinrich Himmler (era il severissimo padre di L'Attimo Fuggente, ricordate?), Miguel Ferrer (Twin Peaks) in versione yuppie, Paul McCrane (ER-Medici in Prima Linea) e Ray Wise (di nuovo Twin Peaks) come banditi sadici.

Reazionario nella forma e progressista nel contenuto, RoboCop è un ritratto spietato della società americana: dietro all'ambientazione fantascientifica c'è la forte critica agli Stati Uniti anni Ottanta, un Paese in balia della criminalità di strada e di corporation dove non c'è spazio per l'umanità e la pietà.
Insomma, l'America capitalista di Ronald Reagan.

PS: per concludere, una curiosità per cinefili. A questa pellicola ha dato un piccolo (ok, minuscolo) contributo un altro importante regista.
Si tratta di... Monte Hellman!
L'autore di culto di film come Strada a Doppia Corsia e Road to Nowhere ha diretto - non accreditato - le brevi immagini di RoboCop mentre guida per la città.
D'altra parte, nessuna clamorosa sorpresa: come suggeriscono i titoli citati, Hellman è uno che di strade se ne intende.

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lunedì 20 luglio 2015

MICHAEL KEATON. ROBOCOP (2014), ANIMA BIO (TORNA A CASA SUA?)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2014
121'
Regia: José Padilha
Interpreti: Michael Keaton, Gary Oldman, Joel Kinnaman, Samuel L. Jackson, Abbie Cornish, Jay Baruchel, Jackie Earle Haley, Jennifer Ehle.


L'unica speranza di sopravvivere per Alex Murphy (Kinnaman) - vittima di un terribile attentato che gli ha devastato quasi tutto il corpo, ma non la testa - è quella di sottoporsi agli esperimenti di uno scienziato geniale (Oldman) che lavora per uno spregiudicato imprenditore (Keaton).
Questi vuole testare un prototipo di poliziotto robot - il RoboCop del titolo - che non abbia solo una tecnologia all'avanguardia ma anche un'anima, al fine di produrlo in serie e immetterlo sul mercato.

Il povero agente, diventato una sorta di cyborg, si trasformerà in una macchina senza sentimenti o riuscirà a conservare la propria umanità?

Senza dubbio il 2014 è stato un anno di svolta per Michael Keaton.
L'uscita di pellicole attese come questo RoboCop e Need for Speed (tratto dall'omonimo popolare videogioco) - ripagate con buoni incassi - ha infatti riportato sotto i riflettori il protagonista del nostro Speciale, che di questi film è il mattatore, dopo troppi anni di immeritato oblio.

Per non parlare di Birdman, acclamato dalla sua prima mondiale a Venezia e quindi trionfatore all'ultima edizione dei Premi Oscar

Come abbiamo già visto, il nostro dà il meglio di sé nell'opera del messicano Alejandro González Iñárritu; ma se la cava egregiamente anche in questo reboot fracassone del cult di Paul Verhoeven.

Anche perché a fargli da contraltare c'è praticamente il solo Gary Oldman.
Grazie ad una recitazione sobria e asciutta stile Tinker, Tailor, Soldier, Spy o Il Cavaliere Oscuro-Il Ritorno, l'attore britannico dimostra nuovamente di avere la stoffa dei grandi.

Samuel L. Jackson è come sempre bravo, ma ha un ruolo marginale e francamente superfluo; Jackie Earle Haley (il Rorschach del Watchmen di Zack Snyder) è anonimo.
Jennifer Ehle - che avevamo già visto in Zero Dark Thirty a fianco di Jessica Chastain - e Abbie Cornish sono invece sottoutilizzate.

E il protagonista, lo svedese Joel Kinnaman?
Beh, riadattando una celebre battuta di Sergio Leone su Clint Eastwood, si può dire che abbia solo due espressioni: con la visiera da RoboCop e senza.

Il regista brasiliano José Padilha sa il fatto suo e dirige con padronanza del mestiere, ma gli ottimi Tropa de Elite e Tropa de Elite 2 - O Nemigo Agora é Outro erano tutt'altra cosa.

Dell'originale parleremo prossimamente.
Nel frattempo se volete passare due ore di semplice intrattenimento senza impegno (civile e sociale) e troppe pretese, anche questo RoboCop può servire alla bisogna: la storia non è molto originale, ma il ritmo è incalzante e gli effetti speciali sono efficaci e spettacolari, benché tanto invasivi da dare l'impressione più di giocare ad un videogame "spara-tutto" che di assistere alla visione di un film.
Si sta forse avverando la profezia di CINEMA A BOMBA! sui rapporti tra videogiochi e cinema (ne avevamo parlato in questo post)?

Comunque sia, ciò che rimane più impresso della pellicola è il suo "cattivo": Michael vince ancora una volta a mani basse, calandosi nel ruolo con bravura e col carisma acquisito nel tempo.
D'altra parte il nostro è abituato a ruoli di questo tipo: dal perfido truffatore di Uno Sconosciuto alla Porta al genio del male di Soluzione Estrema.

Diavolaccio di un Michael Keaton: riesce sempre a spiazzarci, lasciando ogni volta il segno.

Basti pensare ai ruoli che ha ricoperto nella sua lunga e già gloriosa carriera: l'Uomo Pipistrello di Batman e Batman-Il Ritorno, lo spiritello porcello di Beetlejuice, il giornalista di Cronisti D'Assalto, il poliziotto di Jackie Brown, l'attore in declino nel già citato Birdman.

Senza contare i suoi irresistibili personaggi in commedie spumeggianti come Night Shift-Turno di Notte, Mister Mamma, 4 Pazzi in Libertà, Mi Sdoppio in 4.

Questo Speciale finisce qui.
Abbiamo battuto record su record di visualizzazioni negli ultimi mesi, segno della grande popolarità che il nostro gode anche oggi.
Vi ringraziamo veramente di cuore per tutte le volte che avete letto i nostri post.

E vi promettiamo una cosa: CINEMA A BOMBA! e Michael Keaton si incontreranno ancora.

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mercoledì 15 luglio 2015

BABADOOK, MOSTRO NERO DISAGIO VERO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Australia, 2014
89'
Regia: Jennifer Kent
Interpreti: Essie Davis, Noah Wieseman, Daniel Henshall, Hayley McElhinney, Barbara West, Benjamin Winspear.


I've never seen a more terrifying movie than The Babadook. It will scare the hell out of you as it did me.
[Non ho mai visto un film più terrificante di The Babadook. Vi spaventerà a morte come ha fatto con me - William Friedkin]

Che cosa ha spinto il Maestro - uno che se ne intende, avendo diretto cult quali L'Esorcista, Il Salario della Paura e Bug - ad una dichiarazione così entusiastica?
La stessa ragione che ha portato una diva del calibro di Jessica Chastain a scrivere sui social network:
This film owned me. I highly recommend every brilliant, terrifying second. ‪‎Jennifer Kent‬ and ‪Essie Davis‬ are on my list of dream collaborators. [Questo film si è impossessato di me. Ne consiglio caldamente ogni geniale e terrificante secondo. Jennifer Kent e Essie Davis sono nella mia lista dei collaboratori ideali.]
E' una piacevole sorpresa, questo prodotto a basso costo (finanziato in gran parte grazie al crowd-funding tramite la piattaforma Kickstarter), opera prima - se si escludono alcuni corti precedenti, tra i quali Monster del 2005, al quale questo film si ispira - di una regista australiana, la succitata Jennifer Kent.

Passato al Sundance Film Festival del 2014, dopo un successo di passaparola, recensioni lusinghiere, plausi importanti (ricordiamo anche quello di Stephen King), Babadook è uscito finalmente anche in Italia.

Ma veniamo alla trama: dopo sei anni, la povera Amelia non riesce ancora a riprendersi dalla morte dell'amato marito - deceduto in un incidente stradale mentre l'accompagnava in ospedale per partorire - e ha difficoltà a gestire il figlio, che ha seri problemi comportamentali.

Una sera, per farlo addormentare, gli legge un libro pop-up trovato misteriosamente in casa che parla di un mostro spaventoso e minaccioso, Mister Babadook (lo avete notato? L'anagramma di "Babadook" è "a bad book"...).
Da quel momento le vite della madre e del bambino non saranno più le stesse.

Attenzione: non si tratta del solito horror pieno di effettacci, colpi di scena che vi fanno balzare dalla sedia, sangue, morti, immagini crude.

È vero, il mostro c'è.
E sembra uscito da un vecchio film in bianco e nero: infatti ha una faccia che sembra quella di Conrad Veidt in L'Uomo Che Ride di Paul Leni del 1928 e un corpo simile a quello allampanato di Max Schreck nel Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922 (già preso a modello da Tim Burton in Batman-Il Ritorno).
Insomma, un uomo nero insidioso che vive e si muove nell'oscurità, un babau che nessun bambino vorrebbe trovare sotto il letto o dentro ad un armadio.

Ed è vero: la tensione è resa (benissimo) in modo classico da un montaggio e da inquadrature che costruiscono un senso di attesa, da contrasti luce/ombra molto suggestivi che ricordano quelli utilizzati dai maestri dell'espressionismo tedesco (citati in più occasioni), da scricchiolii e rumori inquietanti.

Ma l'aver immesso questi elementi nel contesto di una vicenda già di per sé drammatica è ciò che distingue questa dalle altre pellicole di genere.
Una vicenda trattata con tatto e sensibilità, non in modo superficiale, che parla di abbandono, solitudine, rapporti tra una madre esaurita ed il figlio problematico, difficile elaborazione di un lutto terribile e sempre vivo, emarginazione, disagio.
E probabilmente non è un caso che regista e protagonista siano due donne.

Il risultato è quello di suscitare un senso di inquietudine profonda nello spettatore, grazie alle atmosfere e al coinvolgimento emotivo della storia, accentuato da sequenze oniriche e orrorifiche (come quella dello zapping in Tv, dove tra l'altro appaiono sequenze di I Tre Volti della Paura di Mario Bava) e da primi piani dell'espressiva e bravissima attrice teatrale Essie Davis.

Insomma, Jennifer Kent ha fatto un'opera notevole e originale, spiazzante perfino nell'insolito finale.
Speriamo che il suo talento e la sua immaginazione non vadano dispersi in futuro.

Nel frattempo, merita di godersi i complimenti.

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mercoledì 8 luglio 2015

MICHAEL KEATON. SOLUZIONE ESTREMA, QUESTIONE DI MIDOLLO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 1998
100'
Regia: Barbet Schroeder
Interpreti: Michael Keaton, Andy Garcia, Joseph Cross, Brian Cox, Marcia Gay Harden.


Il figlio del detective Frank Conner (Garcia) è un caro bambino malato di leucemia che ha urgente bisogno di un trapianto di midollo.
Problema: l'unico donatore disponibile è Peter McCabe (Keaton), criminale spietatissimo, intelligentissimo e pertanto pericolosissimo, che non aspetta altro che un'occasione per scappare dalla galera.

8 anni dopo la convincente prova in Uno Sconosciuto alla Porta, il protagonista del nostro Speciale torna ad un ruolo di super cattivo.
Riferimento non casuale: benché ai tempi dell'uscita nelle sale più critici lo avessero paragonato ad Hannibal Lector (il celebre killer cannibale immortalato da Anthony Hopkins in ben tre pellicole), il suo personaggio sembra piuttosto il fratello più furbo di Carter Hayes, il malvagio truffatore del film di Schlesinger.

Un doppione, quindi? Non proprio, anche perché dietro la macchina da presa questa volta c'è un autore "anarchico" come Barbet Schroeder, regista svizzero nato in Iran e poi naturalizzato francese.

Autore di Barfly con Mickey Rourke (scritto dall'amico Charles Bukowski), Il Mistero Von Bulow (Oscar come attore protagonista a Jeremy Irons, nel cast dell'attesissimo Batman V Superman: Dawn of Justice), Inserzione Pericolosa con Bridget Fonda (che anni dopo abbiamo visto in Jackie Brown) e Amnesia (presentato fuori concorso come proiezione speciale al Festival di Cannes 2015), questo cineasta cosmopolita è considerato un esperto nel rappresentare gli angoli più oscuri dell'animo umano.

Sicuramente si tratta di un artigiano attento al lavoro altrui, che deve aver visto il succitato Uno Sconosciuto alla Porta e deciso che non avrebbe commesso lo stesso errore del collega inglese.
Con l'aiuto dello sceneggiatore David Klass, Schroeder ne ribalta la struttura narrativa senza nascondere troppo la propria simpatia per il sulfureo protagonista.

Se Schlesinger aveva costruito un thriller in grado di reggere per 2/3 che però scivolava in un finale convenzionale, il regista nato a Teheran sviluppa una storia piuttosto prevedibile per poi chiuderla con un canagliesco colpo di scena.

A proprio agio nel ruolo dello psicopatico geniale e carismatico (lo erano già Beetlejuice e, in un certo senso, anche Batman), Michael Keaton giganteggia con sotterranea autoironia e ruba facilmente la scena a Garcia (un po' spento) e al resto del cast.

Merito anche della sgranata fotografia del nostro Luciano Tovoli, collaboratore abituale di Schroeder (ma lo ricordiamo pure per Professione: Reporter di Michelangelo Antonioni, Suspiria di Dario Argento, Il Deserto dei Tartari di Valerio Zurlini, Bianco, Rosso e Verdone di Carlo Verdone...), Soluzione Estrema è un film d'inseguimento che va guardato dall'inizio alla fine e vi farà parteggiare tanto per i buoni quanto per il cattivo.

Riuscirete a resistere al fascino del male?

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