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Italia, 2015
120'
Regia: Luca Guadagnino
Interpreti: Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Matthias Schoenaerts, Dakota Johnson, Corrado Guzzanti, Aurore Clément, Elena Bucci
È un'estate particolarmente calda, a Pantelleria: calda per l'incombere dell'afa e per l'imminente arrivo dello scirocco; calda per l'arrivo massiccio di migranti dalla vicina Africa.
Ma alla famosa
rockstar Marianne (Swinton) e al suo aitante
toy boy Paul (Schoenaerts) questo interessa poco o niente: sono in vacanza ed hanno intenzione di rilassarsi, essendo reduci lei da un intervento alle corde vocali che l'ha lasciata temporaneamente afona, lui da un tentativo di suicidio.
La loro tranquillità ed il loro isolamento finiranno, però, con l'arrivo nell'isola dello scatenato Harry (Fiennes), ex di lei e produttore musicale, e della giovane sua figlia Penelope (Johnson).
Che innescheranno un turbinoso
maelstrom di desiderio, attrazione, tentazione dagli esiti drammatici.
Caso più unico che raro: c'è un regista italiano più famoso negli States che in patria.
Se state pensando a Paolo Sorrentino, vi sbagliate: nel 2014, vincendo
Golden Globe e
Oscar per
La Grande Bellezza si è fatto notare anche oltre Oceano e ha potuto così permettersi di utilizzare attori di caratura internazionale per le sue opere successive - Michael Caine per
Youth-La Giovinezza (in concorso a
Cannes 2015) e Jude Law per la serie Tv
The Young Pope (presentata in anteprima a
Venezia 2016).
Ma già precedentemente si era fatto apprezzare per i suoi film, soprattutto per
Le Conseguenze dell'Amore (2004) e
Il Divo (Premio della giuria a Cannes 2008 e candidato per il miglior trucco agli Oscar 2010).
No, stiamo parlando del siciliano Luca Guadagnino.
Dopo l'esordio con
The Protagonist (1999) e il dimenticabile
Melissa P. (2005), ha fatto il botto con
Io Sono l'Amore, uscito un po' in sordina nel nostro Paese nel 2009, ma in grado di fare buoni incassi negli USA dopo critiche molto benevole e di ottenere addirittura una nomina agli Academy Award 2011 (per i costumi di Antonella Cannarozzi).
Buoni riscontri di critica e pubblico all'estero ha avuto anche
A Bigger Splash - comunque in lizza per il Leone d'Oro a
Venezia 2015 -,
remake di
La Piscina del 1969 di Jacques Deray con Alain Delon, Romy Schneider e Jane Birkin e "ispirato" anche all'omonimo quadro di David Hockney del 1967.
A cosa è dovuta tutta questa attenzione al di fuori dei patrii confini?
Sicuramente c'entra il talento: Guadagnino ha una grande padronanza tecnica, che lo porta a costruire le scene in modo efficace, a utilizzare al meglio gli attori, a creare atmosfere.
E poi sa scegliere molto bene ambientazioni - che diventano esse stesse centrali nella storia, "esotiche" protagoniste affascinanti e misteriose - si tratti della Riviera Ligure di Ponente (Sanremo, Dolceacqua, Castel Vittorio, Buggio), di Villa Necchi Campiglio a Milano o di Pantelleria - e collaboratori (tra questi citiamo l'ottimo montatore Walter Fasano).
Senza contare tematiche e stile: abbiamo già visto con
Ratataplan,
Cosimo e Nicole,
Lo Chiamavano Jeeg Robot la necessità di alcuni nostri autori di distinguersi da una cinematografia italica generalmente ripetitiva e avvitata in se stessa.
Il siciliano ha scelto di venire incontro più ai gusti americani che a quelli europei e italiani - e il grande credito che gli viene dato nel Nuovo Continente è la conferma della bontà della scelta.
Ma probabilmente ci si è accorti delle capacità del regista grazie soprattutto alla collaborazione con una delle attrici più acclamate al mondo, la versatile Tilda Swinton, capace di passare con bravura e disinvoltura da pellicole impegnate a
blockbuster quali
Doctor Strange della
Marvel.
I due hanno lavorato assieme finora per ben tre volte (solo nel film del 2005 l'interprete britannica non compare); ma si parla già di altri progetti comuni, come la rilettura di
Suspiria di Dario Argento.
La Swinton è per Guadagnino una musa androgina, algida, distaccata ma troppo debole per resistere alla forza sconvolgente del desiderio e della passione.
E lo dimostra anche nella pellicola che stiamo trattando, storia di un quadrilatero amoroso anomalo, nel quale i personaggi "anziani" sono molto più vitali di quelli "giovani".
La gattamorta Penelope (Dakota Johnson, figlia di Don Johnson e Melanie Griffith, è la protagonista anche di
Cinquanta Sfumature di Grigio e
sequel) e il fusto depresso Paul (Schoenaerts), infatti, non hanno l'energia della
rockstar Marianne né l'esuberanza invadente di Harry - un Ralph Fiennes estremo, mai così su di giri e scatenato: una vera forza della natura, figura ben lontana dai ruoli che solitamente gli vengono affidati o che si affida da solo (stiamo parlando, in questo caso, del suo esordio alla regia
Coriolanus).
Sono proprio i due attori britannici il fulcro dell'intero film, ennesima dimostrazione che, se ti appoggi a interpreti credibili e professionali che portano gente al cinema e applausi della critica, il lavoro da cineasta è un po' più facile.
Guadagnino, in America, anche per i suoi progetti futuri avrà a disposizione
budget e cast importanti - avrà a suo fianco Benedict Cumberbatch, Jake Gyllenhaal, Felicity Jones (
La Teoria del Tutto,
Rogue One: A Star Wars Story), tra gli altri.
Speriamo che la nostra industria cinematografica si dia una svegliata: e se i talenti che stanno emigrando all'estero per mancanze di opportunità in Italia non dovessero più rientrare?
Il Paese di Federico Fellini, di Vittorio De Sica, dei maestri del Neorealismo e degli
spaghetti western vuole giocare un ruolo da protagonista nel cinema mondiale - proponendo nuove idee e prospettive, raccontando storie universali con una propria originale sensibilità - o si accontenterà di fare da spettatore dei successi dei suoi figli all'estero?
Meglio darsi delle risposte il prima possibile, prima che altri talenti scappino altrove.
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