CINEMA A BOMBA!

giovedì 27 agosto 2020

GLI INEDITI: STRAIGHT TO HELL, JOE STRUMMER PISTOLERO

(Clicca sulla locandina per vedere il film intero in italiano). 

USA/Regno Unito/Spagna, 1987
86'
Regia: Alex Cox
Con: Joe Strummer, Sy Richardson, Dick Rude, Jennifer Balgobin, Courtney Love, Miguel Sandoval, Zander Schloss, The Pogues, Elvis Costello, Jim Jarmusch, Grace Jones, Dennis Hopper.


Tre killer imbranati (Richardson, Rude e Strummer) si svegliano in un albergo dopo una sbronza: hanno fatto tardi, perdendo "l'appuntamento" con la propria vittima.

Incerti sul da farsi, rapinano una banca e scappano in Messico portandosi dietro un'odiosa ragazzina incinta (Love).

Seppelliscono il denaro e si stabiliscono in un villaggio dimenticato da Dio in mezzo al deserto, governato da una banda di gangster caffeinomani (i Pogues e altri).

Qui tutti aspettano l'arrivo del misterioso e temuto Mr. Dade (Jarmusch).
Ecatombe finale con proiettili a go-go.






Eravamo indecisi se classificare questo scalcinato western moderno tra I CLASSICI oppure nella sezione dedicata a GLI INEDITI.
Abbiamo optato per la seconda opzione: in Italia non è passato dal grande schermo; su qualche televisione commerciale e ora anche sulle piattaforme online è possibile reperirne una versione doppiata con approssimazione, dal titolo Diritti all'Inferno (sic).

Una cine-avventura nata per caso, quando un nutrito gruppo di musicisti si ritrova improvvisamente inoccupato dopo che l'ambizioso progetto di un tour-carovana è fallito.
Il cineasta indipendente Alex Cox - uno che ai tempi andava per la maggiore, grazie a pellicole come Repo Man - propone loro un'alternativa: perché invece non fare un film tutti insieme?

Detto fatto: il regista scrive la sceneggiatura in soli 4 giorni con l'aiuto del co-protagonista Rude (un copione lungo appena 66 pagine!) e le riprese iniziano ad Almeria, in Spagna, lo stesso posto dove Sergio Leone aveva girato i suoi primi western spaghetti.
Per questioni di budget, viene persino riciclato l'intero set del mediocre Valdez il Mezzosangue.

Che dire di una pellicola come Straight to Hell (il titolo è preso in prestito da una delle più famose canzoni dei Clash)?
Se cercate coesione, verosimiglianza, introspezione, epica... girate al largo!

Senza alcun rispetto per la logica narrativa, Cox e compagnia hanno prodotto un pulp-western nervoso e iperrealista, che gira spudoratamente a vuoto e non riesce a graffiare né con le unghie dell'umorismo né con quelle della satira.
Tutti quelli coinvolti nelle riprese danno l'impressione di essersi divertiti un mondo, ma il contagio non arriva allo spettatore.






Eppure quest'opera da due soldi possiede un certo fascino trash.
I meriti sono essenzialmente da ricercare nel cast e nella bella colonna sonora.

Dei Pogues, il peggiore a recitare è senza dubbio il cantante Shane MacGowan, mentre il tin whistler Spider Stacy sembra possedere un certo talento naturale.
La statuaria Jennifer Balgobin batte 10 a 0 l'insopportabile Courtney Love, futura signora Cobain.
Jarmusch e Hopper sono quasi solo nomi da esibire sulla locandina.

E poi c'è lui, Joe Strummer, che vale da solo tutto il film.
L'ex frontman dei Clash si costruisce addosso un personaggio iconico e indimenticabile, un assassino maldestro e casanova (le scenette con l'assatanata moglie del commerciante sono tra le cose migliori del film), coi vestiti sfatti e i capelli perennemente impomatati.

"Un Humphrey Bogart più giovane e trasandato", come lo ha definito una delle attrici.
Ma anche incline al "metodo" dell'Actor's Studio, se è vero che - per rimanere nel personaggio - il nostro non si è cambiato i vestiti per tutta la durata delle riprese.

Il suo connubio artistico con Cox proseguirà l'anno successivo in Walker, un altro "pseudo-western" che metterà fine una volta per tutte alla promettente carriera del regista e vedrà quasi tutte le scene con Joe tagliate in fase di montaggio.

Ma questa è già un'altra storia.
Un giorno, forse, ve la racconteremo.




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giovedì 20 agosto 2020

I CORTI: IO SI' TU NO, COLLOQUI SENZA ESCLUSIONE DI COLPI

(Clicca sulla locandina per vedere il cortometraggio). 

Italia, 2017
11'
Regia: Sydney Sibilia
Con: Greta Scarano, Lino Guanciale, Valerio Aprea


Lei (Scarano) è una cameriera part time in un pub ed è alla vigilia di un importante colloquio di lavoro.

Lui (Guanciale) entra nel locale poco prima della chiusura.

I due non si conoscono, ma finiscono a letto insieme.

Lui al mattino se ne va, ma lei si sveglia in ritardo.

Vestitasi di tutta fretta, si reca all'appuntamento.

Ma là troverà una spiacevole sorpresa.






Nel mare magnum delle produzioni cinematografiche italiane, solo pochi riescono ad emergere e solo poche opere entrano nell'immaginario collettivo.

E ciò, nonostante la qualità sia molto aumentata rispetto a neppure troppi anni fa - lo dimostrano titoli quali La Grande Bellezza, A Bigger Splash, Lo Chiamavano Jeeg Robot, Mia Madre, solo per citare i primi che ci vengono in mente.

In questo contesto, Sydney Sibilia è uno dei registi più briosi del cinema italiano contemporaneo: sua è infatti la fortunata trilogia di Smetto Quando Voglio, una storia di ricercatori universitari precari e squattrinati che si reinventano in modo inusuale che ha portato verve e una ventata di aria fresca nella commedia nostrana.

Il suo stile vivace, scanzonato, ironico si è fatto notare, tanto è vero che i tre film si sono dimostrati un ottimo successo di pubblico e hanno ispirato molti tentativi di imitazione.

Successivo ad essi è questo cortometraggio, che tratta in modo leggero e divertente un argomento in realtà molto drammatico: la difficoltà di trovare un lavoro stabile e degno di questo nome.

Nel dipanarsi della trama, si fa ricorso a situazioni volutamente esagerate e a una vicenda piuttosto inverosimile per descrive, con acume e arguzia, la disperazione di due giovani, disposti senza troppi scrupoli a qualsiasi carognata pur di crearsi anche solo un'opportunità.

Nonostante le bassezze, però, non si può non immedesimarsi nei protagonisti, impersonificati con efficacia da due affermati interpreti di cinema e Tv, i bravi e simpatici Greta Scarano e Lino Guanciale (altresì apprezzato attore teatrale) - ai quali si affianca anche Valerio Aprea (già visto in Boris).

Pure il montaggio, il ritmo, le musiche e gli altri apporti tecnici contribuiscono a rendere questo cortometraggio piacevole e frizzante.

Io Sì, Tu No è l'ideale, se volete passare circa 10 minuti a guardare un cortometraggio che vi diverta, vi lasci qualcosa e sia fatto bene.

In pieno stile Sibilia, insomma.




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giovedì 13 agosto 2020

I CLASSICI: PLANES 2, DALLE AUTO AGLI AEREI (AI TRENI?)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2014
84'
Regia: Bobs Gannaway
Voci originali: Dane Cook, Ed Harris, Julie Bowen, Teri Hatcher, Wes Studi, Stacy Keach, Hal Holbrook, Dale Dye, Erik Estrada.


A Propwash Junction, l'ex aereo agricolo Dusty (Cook) è ormai un affermato campione di gare di velocità.
Ma un guasto improvviso alla trasmissione gli fa involontariamente causare l'incendio dell'aeroporto e mette a serio rischio la sua carriera.

Per rimediare al danno e nel frattempo schiarirsi le idee, il nostro viaggia fino al parco naturale di Piston Peak per prendere il patentino di aereo-pompiere.

Qui conosce il burbero Blade (Harris) e la sua squadra di mezzi antincendio, insieme ai quali troverà il modo di dimostrare il proprio coraggio...






La serie Planes nasce come spin-off della serie Cars.

Anticipato dal cortometraggio-crossover Cricchetto Pilota con Brevetto, che vedeva il simpatico carroattrezzi diventare un aereo acrobatico e introduceva l'istruttore di volo Skipper (Keach) e il suo aiutante Sparky, Planes ha avuto un successo sufficiente a giustificare un seguito.

Fire & Rescue - questo il titolo originale - è di gran lunga migliore del precedente.

Se il primo film indugiava troppo in stereotipi consolidati, al punto di sembrare quasi un remake del primo Cars, questo secondo capitolo brilla di luce propria.

I meriti sono da dividere tra l'accattivante colonna sonora country, la curata ambientazione naturalistica tra foreste e cascate (Piston Peak assomiglia allo Yosemite National Park), l'abbondanza di citazioni (c'è una divertente parodia di CHiPs, serie tv degli anni 80) e i nuovi personaggi di contorno (l'elicottero-capo indiano è protagonista della scena probabilmente più esilarante, quella del brindisi).






Determinante anche il cambio di direzione: passare dalle gare di corsa (un po' scontate) ai salvataggi antincendio ha reso Dusty e la sua vicenda molto più interessanti, aggiungendo un tocco avventuroso che prima mancava.

Per gli appassionati più attenti e/o fanatici risultano altresì imperdibili le comparsate del commentatore sportivo Brent Mustanburger e dei trattori-bovini di Cars.

A fronte di un ingiustamente modesto riscontro al botteghino, la Disney-Pixar ha ufficialmente sospeso i piani di un eventuale Planes 3, che secondo le indiscrezioni trapelate avrebbe dovuto spostare il focus sulla corsa allo spazio.

Peccato, sia perché come idea poteva funzionare sia perché Planes 2 è - insieme forse a Il Castello Magico - il più sottovalutato lungometraggio d'animazione degli ultimi anni.

Proposta: vista la presenza, limitata ma incisiva, di un treno a vapore, perché non allargare ulteriormente il franchise ad un altro spin-off?
Da Cars a Planes a... Trains?




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giovedì 6 agosto 2020

FAVOLACCE, I BAMBINI CI GUARDANO (MALE)

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Italia/Svizzera, 2020
98'
Regia: Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo
Interpreti: Elio Germano, Barbara Chichiarelli, Tommaso Di Cola, Giulietta Rebeggiani, Gabriel Montesi, Max Malatesta, Ileana D'Ambra, Giulia Melillo, Cristina Pellegrino, Lino Musella, Justin Korovkin, Barbara Ronchi, Max Tortora (voce)


Spinaceto, periferia di Roma.

Quartiere residenziale, con verde, lontano dal caos della Capitale.
Villette abitate dalla media borghesia di famiglie apparentemente tranquille.

Ecco, "apparentemente": dietro alla facciata del perbenismo e dei sorrisi di circostanza, si nasconde una realtà ben poco edificante.

Gli adulti covano invidia, violenza, egoismo, indifferenza, insofferenza, rassegnazione, rabbia, frustrazione.

E i bambini, impotenti e tristi testimoni delle mattane dei propri genitori, si sentono abbandonati a loro stessi e non amati.

La loro rivolta contro gli adulti deflagrerà in modo inaspettato e terribile.






Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata.

Così la voce del narratore (Max Tortora!) apre in modo spiazzante e ironico un film che rimane spiazzante ma perde subito l'ironia.

È un pugno nello stomaco Favolacce, opera seconda di Damiano e Fabio D'Innocenzo, e non è da guardare a cuor leggero; ma vale decisamente la pena.

Chi è stato attirato dai già tanti premi vinti (come il prestigioso Orso d'Argento per lo script al Festival di Berlino), scoprirà che in effetti i due gemelli romani, anche soggettisti e sceneggiatori, sono cineasti da tenere d'occhio: essi dimostrano un'ottima costruzione delle scene e del climax, aiutati anche da validi contributi tecnici (la fotografia di Paolo Carnera, per esempio).

Anche gli interpreti - compresi quelli più giovani - sono ben scelti, a partire da un insolito Elio Germano.

Il film, dicevamo, è duro, pessimista, apocalittico - ma in modo alquanto inusuale per il cinema italiano.

Infatti ci ricorda piuttosto il David Lynch di Velluto Blu e Twin Peaks e la cupa cinematografia belga dei fratelli Dardenne, di Felix Van Groeningen ( Alabama Monroe), della coppia Brosens-Woodworth ( La Cinquième Saison), di Michaël R. Roskam (Bullhead).

È una favola nera più vicina ai fratelli Grimm e ad Hans Christian Andersen che a Gianni Rodari, ma qui non c'è lieto fine né speranza.

È uno specchio che ci rimanda un'immagine brutale del nostro tempo, fatto di incertezze, precarietà (anche negli affetti), crisi economica e morale.

È una rappresentazione dello sbandamento di una classe media impoverita e incattivita, abbandonata a se stessa.

È un impietoso "J'Accuse": i bambini si trovano costretti a crescere in fretta, abbandonando la fanciullezza, per sopravvivere ad un mondo nel quale vige la hobbesiana regola dell'homo homini lupus - non per niente i loro sorrisi sono pochissimi, mentre quelli dei rispettivi padri sono piuttosto un digrignare aggressivo.

La loro reazione, in un finale amaro e brutale, è un modo per inchiodare gli adulti alle proprie responsabilità genitoriali e un grido disperato di chi cerca affetto e comprensione - e non ne trova.

Insomma, citando l'omonimo film di Vittorio De Sica, i bambini ci guardano.

E ci giudicano severamente.




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