GLI INEDITI: LA TELA DELL'INGANNO-THE BURNT ORANGE HERESY, LA GRANDE BUGIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA
Italia/Regno Unito, 2019
98'
Regia: Giuseppe Capotondi
Interpreti: Claes Bang, Elizabeth Debicki, Mick Jagger, Donald Sutherland
Il facoltoso e influente collezionista Joseph Cassidy (Jagger) propone al critico d'arte una volta famoso e ora in disgrazia James Figueras (Bang) uno scoop esclusivo: intervistare nientemeno che Jerome Debney (Sutherland), celebre pittore che si è isolato dal mondo dopo che un grosso incendio ha distrutto anni prima tutte le sue opere e che è ospitato in una proprietà dello stesso Cassidy.
In cambio Figueras dovrà procurare ad ogni costo al mecenate un quadro dell'artista misantropo.
Il critico coinvolgerà la giovane Berenice (Debicki), conosciuta da poco; ma le cose prenderanno una brutta piega.
The Burnt Orange Heresy è il titolo di uno dei lavori che il fittizio Jerome Debney - ispirato all'autore di Il Giovane Holden, lo scrittore Jerome (sic!) David Salinger, e al pittore David Hockney, il cui A Bigger Splash ha ispirato l' omonimo film di Luca Guadagnino - ha nel suo studio ed è una presa in giro nei confronti del mondo dell'arte: è una tela bianca, con un titolo volutamente bizzarro, alla quale i critici possono trovare un qualsiasi significato (da notare le significative e beffarde iniziali dell'"opera": B.O.H.).
Tutta la narrazione della pellicola è incentrata su dicotomie: verità-bugia, arte-inganno, apparenza-sostanza, qualità artistica-valore di mercato, bellezza-morte...
L'italiano Giuseppe Capotondi - regista di videoclip e spot alla sua seconda opera (la prima, un altro giallo, è del 2009: La Doppia Ora) - ha confezionato un thriller elegante (degni di nota i costumi di Gabriella Pescucci, già Premio Oscar per L'Età dell'Innocenza di Martin Scorsese, e le ammalianti ambientazioni sul Lago di Como), ambiguo, complesso, dal sapore hitchcockiano, che, nonostante un finale un po' sbrigativo e qualche incongruenza e inverosimiglianza di troppo, convince.
Anche grazie ad un ottimo cast: Mick Jagger è luciferino al punto giusto e sembra proprio uscito dal brano Sympathy for the devil degli Stones, Claes Bang (già protagonista della Palma d'Oro a Cannes 2017 The Square, anch'esso sul mondo dell'arte) è a suo agio ed credibile, Elizabeth Debicki è eterea e delicata, Donald Sutherland offre un'interpretazione insolitamente misurata.
Ci eravamo già occupati del mondo dell'arte contemporanea: nel grandioso Opera Senza Autore il tema di fondo è la difficoltà dell'artista di trovare una propria via, un modo per esprimere al meglio la propria ispirazione; in The Artist Is Present sono le performance e la vita stessa di Marina Abramović a diventare delle opere d'arte; in Exit Through The Gift Shop è l'artista stesso a confondere le acque.
Qui il punto di vista è invece quello del critico, che per sensibilità, per cultura, per conoscenza della materia, per motivazioni venali, per vanità, per senso di onnipotenza è capace di fare di una creazione un'opera d'arte o di distruggere la carriera di un artista.
La mistificazione, il profitto senza troppi scrupoli sono all'ordine del giorno nel mercato dell'arte contemporanea, e The Burnt Orange Heresy ce lo mostra senza reticenze.
Presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2019, dov'era il film di chiusura - chiusura degna di un'edizione memorabile, quella che ha visto Joker vincere a sorpresa il Leone d'Oro - il film di Capogrossi in Italia non è uscito al cinema, nonostante le recensioni generalmente positive.
B.O.H., chissà perché...
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