CINEMA A BOMBA!

lunedì 25 settembre 2023

NOVEMBER-I CINQUE GIORNI DOPO IL BATACLAN, QUANDO LA FRANCIA SCONFISSE IL TERRORE

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

Francia, 2022
100'
Regia: Cédric Jimenez
Interpreti: Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain, Jérémie Renier, Lyna Khoudri.


13 novembre 2015. Parigi è sconvolta da una serie di attacchi terroristici coordinati, nei quali perdono la vita 130 persone.
Fred (Dujardin), commissario della direzione antiterrorismo, ha il compito di coordinare la ricerca e la cattura degli stragisti in fuga.

Il tempo stringe, e la sua squadra si impegna allo spasimo per trovare e fermare i criminali prima che riescano ad estradare o compiere altri attentati.
I 5 giorni successivi saranno determinanti per la riuscita della missione.


Uscito in Italia con colpevole ritardo, November è uno dei migliori film europei degli ultimi anni.
Il paragone avanzato da alcuni col bellissimo Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow è forse esagerato, ma non fuori luogo.

Come l'illustre collega americana, il regista ricorre a riprese con videocamere a spalla e ad un montaggio serratissimo, adottando il punto di vista esclusivo delle forze dell'ordine.

Il focus non è tanto l'attentato, che - con un scelta di grande sensibilità - non viene mostrato, quanto il "dopo", le strategie e le azioni messe in atto da servizi e polizia nella corsa contro il tempo per fronteggiare un nemico quasi invisibile (gli stessi terroristi, come Bin Laden nell'opera di Bigelow, appaiono pochissimo).

Manca un'approfondimento sulle motivazioni degli attentatori - non per giustificarli, sia chiaro, quanto piuttosto per comprendere le ragioni che avevano portato ad una tale radicalizzazione - e il ritmo è fin troppo sostenuto (a tratti le scene sono così rapide che si fatica a capire che cosa succeda e perchè), ma nel complesso la pellicola funziona bene.

Benché stavolta in un ruolo serio, rivedere quel simpatico guascone di Jean Dujardin - l'unico attore francese ad aver mai vinto il premio Oscar, ma noi lo ricordiamo anche per The Wolf of Wall Street e Monuments Men - è sempre un gran piacere.
Tra i comprimari si distingue invece la fragile e coraggiosa delatrice interpretata dalla bella franco-algerina Lyna Khoudri.

Come documento storico, questo film è a tratti romanzato, ma può risultare utile; come lungometraggio d'azione, tiene alto fino all'ultimo l'interesse dello spettatore.
Da vedere.


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mercoledì 20 settembre 2023

I CLASSICI: L'ASSASSINIO DI JESSE JAMES..., LA MORTE DEL MITO

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA, 2007
160'
Regia: Andrew Dominik
Interpreti: Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Rockwell, Mary Louise Parker, Sam Shepard, Jeremy Renner, Zooey Deschanel, Michael Parks, Ted Levine, Brooklynn Proulx.


3 aprile 1882. Un colpo di pistola alle spalle sparato da Robert Ford (Affleck) coglie di sorpresa e uccide Jesse James (Pitt), infallibile pistolero, in un raro momento di tranquillità.

Il bandito, già celebrato in vita per le sue temerarie rapine a banche e treni, entra così nel mito.

L'assassino avrà il suo momento di notorietà - notorietà che pagherà a caro prezzo.


Jesse James è una delle figure più note della storia statunitense e le sue avventurose vicende hanno ispirato numerosi romanzetti popolari e film interpretati da divi di Hollywood del calibro di Tyrone Power, Audie Murphy, Robert Duvall, Christopher Lloyd, Kris Kristofferson, Colin Farrell.

Non stiamo certo parlando di uno stinco di santo, anzi; tuttavia la morte prematura e la fama da bello e dannato ne hanno idealizzato la figura.

Al contrario Robert Ford, comunque non certo un chierichetto, è stato oggetto di riprovazione e disprezzo generale.

L'Assassinio di Jesse James per mano del Codardo Robert Ford (denominazione chilometrica che ricalca fedelmente l'originale, The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford) offre uno sguardo interessante sulla vicenda dei due, accomunati già a partire dal titolo.

Pur inserendosi pienamente nel filone western per epoca e ambientazioni, il film si discosta dai tradizionali canoni del genere per addentrarsi nel lirismo crepuscolare e in un'analisi dei personaggi tutt'altro che banale.

Il ritmo scorre lento in una contemplazione dei paesaggi fisici e dell'anima che ricorda molto Terrence Malick - tra i punti forti della pellicola citiamo a proposito la colonna sonora di Nick Cave e soprattutto la splendida fotografia di Roger Deakins (che vincerà i suoi primi Oscar solo qualche anno più tardi, con Blade Runners 2047 e 1917).

Sui due protagonisti sembra gravare l'attesa di un comune destino ineluttabile e tragico: Jesse James non si fida di Robert Ford, ma non riesce ad allontanarsene; Robert Ford sa che seguire il proprio idolo lo porterà all'autodistruzione, ma decide comunque di schiantarsi.

Il dualismo si riflette nella stessa struttura del film: la prima parte è dominata dalla figura superomistica del capo, dell'uomo che diventa mito e si eleva (non senza sprezzo) sulla massa; la seconda è incentrata sulla caduta rovinosa di un Icaro che ha voluto volare troppo vicino al proprio sole, nel desiderio smanioso di dimostrare il proprio valore.

Ma se un pur bravo Brad Pitt (che verrà premiato a Venezia con la Coppa Volpi; l'Oscar arriverà solo nel 2020, per C'era una volta... a Hollywood) incarna l'antieroe disilluso e pur ancora spietato in modo convincente, è Casey Affleck la vera sorpresa.

Questi si aggiudicherà la preziosa statuetta dell'Academy dieci anni dopo, ma già qui fa vedere di non essere solo il fratello del più celebre Ben.

La sua interpretazione è sfaccettata, ambigua, dolente e offre al personaggio di Ford un'aura tragica: convinto di poter trovare la propria strada nella vita liberandosi dal peso ingombrante del Mito, egli riceve invece in cambio lo stigma del vigliacco, che lo condannerà ad una vita di dannazione.

Il regista australiano Andrew Dominik - autore poi del successivo e controverso Blonde su un'altra icona americana, Marilyn Monroe - cerca di liberare Robert Ford dal marchio dell'infamia, provando nei suoi confronti una certa indulgenza.

In fondo Jesse James non è che un uomo - e non molto migliore del suo assassino.

E' un western lento, contemplativo, malinconico, disilluso, struggente, spietato, questo di Dominik.

Ma che western!


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mercoledì 13 settembre 2023

VENEZIA 2023. LA MOSTRA COGLIE LANTHIMOS

Dall'alto: Yorgos Lanthimos ritira il Leone d'Oro; Matteo Garrone premiato come miglior regista; Cailee Spaeny con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile; Peter Sarsgaard con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. 




Leone d'oro al miglior film: Povere creature! (Poor Things), regia di Yorgos Lanthimos

Leone d'argento - Gran Premio della giuria: Aku wa sonzai shinai-Il male non esiste, regia di Ryūsuke Hamaguchi

Leone d'argento - Premio speciale per la regia: Matteo Garrone per Io capitano

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Peter Sarsgaard per Memory

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Cailee Spaeny per Priscilla

Premio Osella per la migliore sceneggiatura: Guillermo Calderón e Pablo Larraín per El Conde

Premio speciale della giuria: Zielona granica, regia di Agnieszka Holland

Premio Marcello Mastroianni: Seydou Sarr per Io capitano


Questi sono i premi assegnati nella selezione ufficiale dell'80a edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

La giuria capitanata da Damien Chazelle ha voluto omaggiare con il riconoscimento più ambito un autore che in pochi anni si è imposto come una delle voci più originali e controverse del panorama cinematografico mondiale.

Nel 2011 il suo Dogtooth era stato a sorpresa candidato come miglior film straniero agli Oscar; nello stesso anno si era presentato al Lido con il drammatico Alps.

La consacrazione internazionale si è avuta con la candidatura agli Oscar 2017 per la sceneggiatura di The Lobster, con Colin Farrell e Rachel Weisz, mentre nello stesso anno Il Sacrificio del Cervo Sacro aveva creato scalpore a Cannes.

Del 2018 è il pluripremiato La Favorita, con un trio di interpreti in stato di grazia: Olivia Colman, Rachel Weisz (di nuovo) ed Emma Stone.

E infine è arrivato il gradino più alto: il Leone d'Oro con Poor Things-Povere Creature!, con protagonista proprio quest'ultima.

Il greco Yorgos Lanthimos è un regista divisivo: chi lo apprezza lo trova corrosivo, acuto, indagatore, profondo, mai banale; chi si è riproposto di non vedere mai più le sue pellicole lo trova disturbante, inquietante, cupo, crudele.

Di sicuro non lascia indifferente, così come non ha lasciato indifferenti giuria, critica e pubblico questo suo racconto dark su una sorta di mostro di Frankenstein al femminile in cerca di libertà ed emancipazione.

Vedremo se la Mostra gli porterà bene nella lunga e tortuosa strada verso gli Oscar.

A tal proposito, il palmarès ha lasciato quasi a mani vuote gli attesi cineasti a stelle e strisce: Sofia Coppola ha visto la protagonista della sua Priscilla prendersi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile; ma Michael Mann, David Fincher, Bradley Cooper, Ada DuVernay sono tornati a casa con le pive nel sacco.

Attenzione però ai prossimi mesi...

Hanno invece trovato gloria a Venezia un giapponese (Ryūsuke Hamaguchi non vi dice nulla? Beh, l' anno scorso ha trionfato agli Oscar nella categoria del miglior film internazionale per Drive my car), una polacca (l'inossidabile Agnieszka Holland), due cileni (uno è Pablo Larraín: ricordate No?), un attore senegalese esordiente e uno statunitense di origini danesi (il caratterista Peter Sarsgaard, vincitore inaspettato).

E gli italiani?

Pur presenti in forze (ma l'assenza all'ultimo minuto di Luca Guadagnino è stata pesante), i nostri rappresentanti non hanno raccolto gli allori sperati.

Si salva solo Matteo Garrone, ricompensato con il riconoscimento per la migliore regia per il suo epico Io capitano.

Ma per gli altri solo pacche sulle spalle o peggio.

Cosa resterà di questa edizione della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica?

I kolossal come Maestro di Bradley Cooper, The Killer di David Fincher e Ferrari di Michael Mann continueranno la loro rotta verso la California nel bel mezzo dei marosi degli scioperi che stanno scuotendo Hollywood, mentre i film indipendenti statunitensi cercheranno di rimanere a galla.

Ci ricorderemo certamente del triste commiato a quel geniaccio di William Friedkin, dell'ultimo film della carriera gloriosa e controversa di Woody Allen (ma sarà davvero così?), dell'accoglienza tutt'altro che trionfale all'ultimo lavoro di Roman Polański, dell'emozione di Priscilla Presley a fianco di Sofia Coppola, dello sconclusionato pastiche di Harmony Korine con il cantante Travis Scott, del corto di Wes Anderson, del Leone d'Oro alla carriera a Tony Leung e soprattutto a Liliana Cavani.

E rimarrà senz'altro un'altra edizione terminata in modo soddisfacente dal capace direttore artistico Alberto Barbera.

Vediamo cosa proporrà il prossimo anno.



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mercoledì 6 settembre 2023

TARTARUGHE NINJA: CAOS MUTANTE, IL NUOVO FILM... È FLUUUUUIDO!

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 

USA, 2023
100'
Regia: Jeff Rowe
Voci originali: Jackie Chan, Ice Cube, Seth Rogen, John Cena, Paul Rudd, Rose Byrne, Maya Rudolph, Giancarlo Esposito, Post Malone, Kevin Eastman.


New York City. Quattro adolescenti mutanti - tartarughe venute casualmente a contatto con un fluido misterioso - vivono nascosti nelle fogne insieme al loro padre adottivo, un topo umanoide (Chan), che li ha addestrati all'arte del ninjitsu.
Ma il loro sogno è uscire dall'ombra, andare a scuola come i coetanei umani e in generale essere accettati dalla società.

La città è vittima delle imprese criminali di un'altra gang di mutanti, guidata dall'uomo-mosca Superfly (Cube): sconfiggere questa potrebbe essere l'occasione per i nostri anfibi antropomorfi di fare bella figura coi cittadini newyorkesi e ottenere quella considerazione che finora hanno potuto soltanto sognare...


Ci sono state 5 pellicole in live action (la trilogia dei primi anni 90 coi costumi in stile Muppet + il recente dittico "fracassone" prodotto da Michael Bay), 2 cortometraggi a cartoni (il commovente Un Topo e Quattro Tartarughe e il simpatico Pizza Friday) e almeno 3 lungometraggi animati (dal sottovalutato TMNT al curioso Batman vs. Teenage Mutant Ninja Turtles, passando per il celebrativo Turtles Forever).

A quasi 40 anni dalla propria genesi, quello delle Tartarughe Ninja rimane un franchise apparentemente inesauribile, capace ciclicamente di rinnovarsi per venire incontro ai gusti e ai bisogni delle nuove generazioni.
Questo ennesimo reboot si distingue dai precedenti enfatizzando il primo aggettivo della sigla Teenage Mutant Ninja Turtles: per la prima volta i protagonisti sono adolescenti doppiati da veri adolescenti.

Realizzato senza l'abituale consulenza dei creatori del fumetto originale Kevin Eastman e Peter Laird (ma il primo ha dato la propria benedizione e compare qui in un cammeo à la Stan Lee), il film appartiene soprattutto al comico Seth Rogen, che l'ha voluto, scritto e prodotto, prestando inoltre la voce al facocero punk Bebop.
Insieme al regista Jeff Rowe e ai suoi collaboratori, l'attore ha miscelato alcuni elementi delle versioni precedenti aggiungendo qualche idea originale, dando vita così ad un'interpretazione unica e personale.

Bisogna specificare che il nuovo lungometraggio dovrebbe piacere soprattutto ai fan della prima serie a cartoni degli anni 80 o del terzo film, meno ai "puristi" affezionati al primo adattamento del 1990 o alla seconda serie animata del 2003.
Eppure, non è esattamente per bambini come ci si potrebbe aspettare: il target è, appunto, un pubblico adolescente o pre-adolescente.

Certe scelte stilistiche risultano discutibili: alcuni mutanti hanno un aspetto eccessivamente mostruoso; questa versione di April O'Neil è la meno riuscita di sempre e dei canoni del personaggio conserva praticamente solo il nome; buona parte delle gag presenti nei trailer risultano modificate o addirittura assenti dal prodotto finito; sospettiamo inoltre una traduzione approssimativa dei dialoghi.
A proposito di mutanti, gli unici a lasciare davvero il segno sono lo skater Mondo Gecko (voce originale di Paul Rudd, ossia Ant-Man) e il canterino Uomo Manta.

Detto questo, bisogna riconoscere che i 4 protagonisti sono i personaggi venuti meglio: poche altre volte le Tartarughe Ninja erano state ritratte in maniera altrettanto realistica e credibile.
Un altro punto di forza della pellicola è sicuramente la trascinante colonna sonora curata dagli oscarizzati Nine Inch Nails; in merito, la scena probabilmente più divertente è quella dell'inseguimento automobilistico sulle note di What's Up dei 4 No Blondes.

Prodotto con una tecnica d'animazione "grezza", simile a quella di Spider-Man: Un Nuovo Universo, Caos Mutante non è - come affermato da qualche giornalista un po' troppo zelante - il miglior adattamento cinematografico del franchise, ma un'interpretazione originale e nuova, ben bilanciata tra umorismo e azione (i combattimenti sono particolarmente riusciti), e nel complesso sufficientemente appagante.

Sull'onda del successo che il film sta incassando - almeno in patria - in termini sia di critica sia di botteghino, è già stato annunciato un seguito cinematografico in cui dovrebbe comparire il cattivo che fa capolino nella scena mid-credits, nonché una serie televisiva che fungerà da ponte tra i due lungometraggi.

Non resta che attendere le prossime puntate; nel frattempo... bentornate Tartarughe Ninja!
Cowabunga!


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venerdì 1 settembre 2023

OPPENHEIMER, IL DISTRUTTORE DI MONDI

(Clicca sulla locandina per vedere il trailer). 



USA/Regno Unito, 2023
180'
Regia: Christopher Nolan
Interpreti: Cillian Murphy, Robert Downey Jr., Emily Blunt, Matt Damon, Florence Pugh, Jason Clarke, Josh Hartnett, Casey Affleck, Kenneth Branagh, Gary Oldman, Rami Malek, Benny Safdie, Dane DeHaan, Alden Ehrenreich, Matthew Modine


Nel 1942, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, il generale statunitense Leslie Groves (Damon) convince il fisico quantistico Robert Oppenheimer (Murphy) a coordinare un gruppo di brillanti scienziati al fine di battere sul tempo la Germania nazista nella costruzione della bomba atomica.

Il cosiddetto Progetto Manhattan avrà successo e nell'agosto 1945 la nuova arma dimostrerà tutta la sua potenza distruttiva contro le città di Hiroshima e Nagasaki.

Come il professore presto constaterà, ciò non porterà ad una pace duratura, bensì ad un mondo nuovo costantemente minacciato dalla catastrofe nucleare e ad un nuovo scontro - questa volta contro l'Unione Sovietica, la cosiddetta Guerra Fredda - che lo coinvolgerà direttamente.



Christopher Nolan mette alla sbarra il padre della bomba atomica.

Il regista della trilogia del Cavaliere Oscuro e di opere che ormai sono diventate dei veri e propri classici, come Inception, Interstellar, Dunkirk, Tenet usa l'espediente del film giudiziario per imbastire la sua prima biografia.

Il padre della bomba atomica, successivamente alla fine del conflitto mondiale, si era infatti scontrato con il potente presidente della Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti, Lewis Strauss (interpretato qui da Robert Downey Jr.), che aveva orchestrato una serie di udienze - un vero e proprio processo farsa - per delegittimarlo agli occhi dell'opinione pubblica con il pretesto di passate simpatie e frequentazioni comuniste.

Tali udienze avevano portato alla revoca dell'autorizzazione di sicurezza per lo scienziato - cioè lo estromisero dall'accesso ai laboratori governativi e ai dati relativi alla bomba che aveva contribuito a creare - e praticamente gli compromisero la carriera.

Nolan ricostruisce la vicenda del fisico e la sua personalità giocando con i piani temporali e i rimandi sparsi nel flusso della narrazione e ne mostra i dilemmi.

Ma non lo assolve: Oppenheimer era conscio delle conseguenze che le sue azioni avrebbero avuto, ma non si è fermato; salvo poi pentirsene amaramente, sì, ma tardivamente.

"Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi" afferma ad un certo punto lo scienziato citando un testo sacro dell'induismo, in riferimento al risultato dei suoi studi - parole che riecheggiano nel cupo e pessimista finale che quasi fa di questo film un prequel "serio" di quel capolavoro che è Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick.

Ma ciò si potrebbe applicare anche ai rapporti con la sua giovane fiamma (Florence Pugh, nota al grande pubblico soprattutto per il ruolo in Black Widow, si conferma attrice ricca di sfumature) e con la moglie (una spigolosa Emily Blunt), vittime più o meno inconsapevoli di un uomo dedito al lavoro ma anche contraddittorio.

Tuttavia il dipanarsi della trama mostra in fondo che il vero nucleo della narrazione è il confronto tra Oppenheimer e Strauss: geniale il primo, invidioso e vendicativo il secondo; clamorosamente i due ricordano Mozart e Salieri nell'indimenticabile Amadeus di Miloš Forman.

Si studiano, si sfidano, non si capiscono - ed entrambi cadono, con esiti diversi.

Straordinari Cillian Murphy e Robert Downey Jr. (a proposito, un consiglio: nelle loro filmografie non limitatevi, rispettivamente, alla serie Tv Peaky Blinders o ai film con Nolan, e ad Iron Man & C.) nel rendere la complessità dei personaggi con rigore e credibilità.

Insomma, altro che semplice biografia: Oppenheimer è solo apparentemente il film più lineare e meno cervellotico del regista, ma porta a riflessioni, interrogativi, interpretazioni diverse.

E' un film accurato, ben diretto, con un cast eccezionale, con ottimi contributi tecnici (la fotografia di Hoyte van Hoytema, gli effetti speciali di Scott Fisher e Andrew Jackson, la colonna sonora di Ludwig Göransson su tutti), che non fa pesare le sue tre ore di durata.

E' potente e ricco di spunti e suggestioni.

E' un monito ad un'umanità sempre più sull'orlo del baratro.

Insomma, è... una vera bomba!


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